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Dante e l’arte di amare

L’amore è sempre stato parte della vita di Dante, il quale nel corso del tempo maturò la sua visione sul tema. Se con le “Rime Petrose” esprimeva la durezza di una donna che non corrispondeva i suoi sentimenti, nella “Vita Nuova” riuscì a vedere l’amore sotto una luce diversa, ponendo fine al contrasto tra amore per la donna e amore per Dio: il primo è un mezzo per ascendere a Dio, in quanto è una cosa bella e quindi mandata dal Signore. È proprio da questo presupposto che nasce la “Divina Commedia”, un viaggio attraverso i peccati propri ed altrui voluto da Dio, che il poeta non riuscirebbe ad affrontare senza l’intermediazione di Beatrice. L’amore di Dante per Beatrice è spirituale, completamente contrario a quello passionale, espresso nel canto V dell’“Inferno” e rappresentato da Francesca. Per spiegare questa figura, il critico letterario E. Sanguineti la para gona provocatoriamente a Madame Bovary. Entrambe, amanti della letteratura, illuse da essa di poter vivere un amore idealizzato, trovano conforto in quello terreno degli amanti. Francesca cerca una giustificazione al suo peccato nel linguaggio dell’amor cortese, il quale era provato solo dagli animi più nobili ed esprimeva l’amore per una donna divinizzata, irraggiungibile. Come puntualizza Sanguineti, l’insistere sulla lettura porta a pensare ad una critica del poeta verso la letteratura d’amore. Dante riprende il tema nel canto XXVI del “Purgatorio”, quello sui lussuriosi. Mentre all’Inferno le anime sono condannate a non avere speranza di cambiare condizione, nel Purgatorio possono purificarsi imparando ad amare. Devono ritrovare il senso dell’affetto e dell’amore attraverso gesti semplici quali baci e abbracci, senza la parte prettamente sessuale. E lo fanno ad una ad una, sottolineando l’esclusività dell’atto, che deve avvenire solo tra due persone che si amano, siccome l’intento è far stare bene se stessi e l’altra persona; e brevemente, perché l’amore spirituale non illude il corpo di poter sopportare un piacere duraturo senza diventarne schiavo, ma lo soddisfa con poco, al contrario dell’amore passionale che rende dipendenti, facendo credere che un piacere terreno possa durare in eterno. Secondo il critico e storico L. Lugaresi, in questo canto Dante esprime la morale cristiana sul sesso, che, a differenza di quanto comunemente si crede, considera il tema estremamente importante, una forma altissima di amore per dare piacere a sé e agli altri e non un semplice bisogno del corpo.

Baldo Veronica 3°A LSI

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