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Intervista con l’autore: Giulia Caminito, "L’acqua del lago non è mai dolce"

Venerdì 29 aprile 2022 le classi 2E e 2B del Liceo classico europeo hanno incontrato in videoconferenza Giulia Caminito, vincitrice del Premio Campiello 2021 con il romanzo "L'acqua del lago non è mai dolce”. L'evento ha rappresentato la conclusione di un percorso nell'ambito del Progetto LeggiAMO 0-18 FVG incentrato sulla lettura e sull'analisi di questo libro, che gli studenti hanno portato avanti per diverse settimane, per poi raccogliere, con il supporto delle insegnanti di Lingua e Letteratura Italiana, una serie di interrogativi da sottoporre alla scrittrice nell'incontro on line. L’intervista è stata incentrata sulle diverse tematiche su cui gli studenti hanno avuto modo di riflettere nelle settimane precedenti. Innanzitutto, si è affrontato il tema della genesi del romanzo e delle motivazioni che hanno spinto l’autrice alla sua stesura: è subito emerso come Giulia Caminito sia stata ispirata dalle proprie esperienze e da quelle raccontate da persone conosciute in passato. Diversi personaggi, in effetti, riprendono caratteristiche e vicende di persone reali alle quali, poi, l’autrice ha conferito una profondità psicologica che le ha consentito di rappresentare categorie più generali. La vicenda narrata, da una parte, fa riferimento ad un periodo storico preciso (la fine degli anni Novanta e i primi anni del Duemila) con rimandi anche ad eventi che hanno segnato l’epoca, come le vicende legate alla manifestazione del G8 a Genova, e ad un luogo specifico (la città di Roma), ma, dall’altra, diventa occasione per riflettere su tematiche più ampie, come il rapporto tra le periferie e i centri urbani, le dinamiche tra l’inclusione e l’esclusione sociale, il confronto generazionale genitori-figli, per citarne solo alcune. D’altra parte, sollecitata dalle domande, l’autrice ha spiegato come il romanzo sia costellato da riferimenti simbolici, a partire dal nome stesso della protagonista, Gaia, che costituisce un ossimoro rispetto all’amarezza della propria esistenza, nonché la presenza di oggetti (il vocabolario, l’orso rosa) che assumono una valenza che va oltre l’apparente semplicità della trama. Gli stessi temi su cui si concentra la narrazione, come la rabbia e la frustrazione della protagonista e delle persone che la circondano, ma anche l’amicizia e i rapporti familiari, la fatica di crescere e diventare adulti, assumono un significato che si eleva dal caso specifico per rappresentare la condizioni di un’intera generazione, se non addirittura, più in generale, dell’umanità. In particolare, i sentimenti ambivalenti della protagonista, che persegue degli obiettivi di affermazione personale senza aderirvi completamente, che vive la propria vita come se non ne fosse né l’artefice né la responsabile, sembrano delineare molto bene il vissuto di tanti ragazzi anche ai giorni nostri, nei quali è possibile identificarsi.

L’autrice, inoltre, ha sottolineato anche come situazioni e personaggi, come Carlotta e il suo bisogno di essere amata, rimandino a fenomeni tipici del la contemporaneità dominata dalla rete, che, senza un’adeguata sensibilizzazione ad un uso consapevole, può alimentare fenomeni pericolosi per gli adolescenti, e non solo, come il cosiddetto revenge porn. A tale riguardo, è stata molto apprezzata l’attenzione rivolta dalla scrittrice all’importanza della solidarietà e dell’aiuto reciproco, con un forte richiamo al senso civico di tutti qualora si venga a conoscenza di situazioni di questo tipo. Avere la possibilitá di dialogare personalmente con l'autrice di un libro letto insieme ai propri coetanei e confrontare le motivazioni e i significati da lei esplicitati con le varie interpretazioni degli studenti ha costituito di per sé un’esperienza stimolante. Giulia Caminito si è dimostrata fin da subito molto disponibile e aperta a rispondere con sincerità a tutte le domande. Probabilmente una delle spiegazioni più interessanti ha riguardato il senso del finale del romanzo, che aveva provocato dubbi e opinioni divergenti durante le discussioni in classe; anche qui la vicenda, secondo le sue parole, va intesa oltre il piano letterale per richiamarsi a quello simbolico di accettazione e passaggio alla vita adulta. Il dialogo con la scrittrice, infine, ha sollecitato successive riflessioni più generali sul ruolo imprescindibile della letteratura.

In un periodo in cui la scrittura è affidata soprattutto agli strumenti digitali e agli scambi rapidi, brevi e irriflessivi sui social media, è stato illuminante capire le motivazioni che portano un’autrice giovane a veicolare il suo personale messaggio attraverso un mezzo tradizionale come il libro e, in particolare, attraverso la forma del romanzo, segno che questa tipologia letteraria continua a rispondere al bisogno umano di esprimere, conoscere e condividere storie che diventano paradigma dell'esistenza personale e della realtà di ciascuno. L’esperienza stessa della videoconferenza e la registrazione degli interventi hanno rappresentato a propria volta un elemento di sfida, sia per un comprensibile imbarazzo da parte dei ragazzi che hanno posto personalmente le domande, sia per la possibilità di rivedere e rivivere l’iniziativa anche nel futuro. In definitiva, si può affermare senza alcun dubbio che tutti hanno profondamente apprezzato quest'iniziativa, che ripeterebbero volentieri con pari interesse e curiosità.


Chiara Pascottini 2°E LCE


Per invogliare alla lettura di questo romanzo se ne riporta di seguito la recensione.

L’acqua del lago non è mai dolce è ... rabbia. In questo romanzo la furia di Gaia, la protagonista, si consuma senza mai esaurirsi. Ci sono troppe cose da rivendicare, troppe ingiustizie da mandare giù. La vita non è stata troppo gentile con questa famiglia e Gaia, che non ha gli strumenti giusti per muoversi nel mondo, non riesce a trovare la strada per ribaltare questa situazione. Nella precarietà e nella desolazione di un luogo segnato dal “non-benessere”, Antonia è costretta a fare i conti con una famiglia difficile: deve sostenere, infatti, un marito inchiodato alla sedia a rotelle a causa di un incidente avvenuto nel cantiere dove lavorava in nero; e quattro figli, il primo dei quali, Mariano, avuto da una unione precedente. Quella della madre di Gaia è una vita dura, senza alcuna possibilità di cambiamento. Donna forte, ostinata, caparbia, Antonia combatte con testarda disperazione, senza arrendersi, senza affliggersi. Gaia, rossa di capelli come sua madre, come lei è fiera e indomita, capace di imporsi una dura autodisciplina; ma è anche in un certo senso ribelle a ogni imposizione, incline ai colpi di testa, animata da un’aggressività incontenibile ed oppressa da un sentimento di impotenza che la annienta, nonostante tutti gli sforzi che compie per reagire ai tradimenti subiti. In questo romanzo la lettura è motivo di libertà, di emancipazione, di entusiasmo, mentre per la protagonista la lettura è da subito una sofferenza, lo studio le è difficile, ma è la madre, donna che viene dalle case popolari e con niente tiene in piedi la famiglia, a convincerla e a costringerla a dare prova del proprio valore a scuola. Esso comunque racconta la storia di un fallimento, senza alcuna prospettiva fatalistica né consolatoria con una scrittura asciutta, martellante, abbreviata, che si insinua tra le pieghe di una realtà “fermando” il vuoto di esistenze incompiute, disfatte, arrese all’inevitabile. Non vi è fatalismo in questo romanzo, ma solo una lucida consapevolezza che porta la scrittrice a raccontare le ferite che riesce a infliggere il «male di vivere» su uomini e donne che, nonostante tutto, non si arrendono. Ferite, spesso, insanabili. Attraverso il racconto della sconfitta di Gaia, Giulia Caminito è riuscita, meglio di tanta produzione letteraria e saggistica, a penetrare dentro uno spaccato di società e una generazione, quella degli anni Duemila, collassata, fuori sesto, tradita dalla politica, incapace di progettare il proprio avvenire. L’autrice racconta questo mondo di “solitudini desideranti”, come io stesso lo definisco, che lotta per la normalità e, nonostante tutto, da una prospettiva situata al “grado zero” del tempo della storia. Uno dei tratti caratteristici del romanzo consiste, infatti, proprio nella scelta di raccontare una storia di povera gente: una povertà contemporanea, odierna, sedotta da un benessere tanto vicino quanto lontano. Questa povera gente, cui Antonia e Gaia appartengono, si fa bastare il poco, perché soltanto quel “poco” è ciò che riesce a conquistare nella lotta quotidiana per la sopravvivenza, rinunciando a qualsiasi illusione e speranza. A quel “grado zero” appena citato, in cui è situato il punto di vista della voce narrante, corrisponde una scelta stilistica ben precisa adottata dall’autrice, che rappresenta uno dei tratti più qualificanti della sua scrittura. Questo codice stilistico è declinato in un registro linguistico che assume i toni e i modi del parlato colloquiale, basso, sintatticamente disarticolato, frammentato. È una sorta di prosa che imita i linguaggi di periferia e dei suburbi: un’umanità di non classificati in qualche modo avvelenata dal rancore e ingentilita da feroci tenerezze. È proprio l’umanità che il lago fa affiorare e che inabissa in tutta la sua dolce e salmastra poesia.


Spizzo Riccardo 2°B LCE

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