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Recensione: Il partigiano Johnny


Beppe Fenoglio nasce ad Alba nel 1922 e muore a Torino nel 1963. Tre le sue opere postume vi è Il partigiano Johnny, l’opera più famosa la cui prima edizione viene pubblicata da EINAUDI nel 1968. Segue nel 1978 la pubblicazione dell’edizione critica delle Opere di Beppe Fenoglio, la quale propone entrambe le stesure incompiute del romanzo, che sono testimonianza della profonda conoscenza dell’inglese dell’autore, vista la frequente presenza di anglicismi ed espressioni proprie della lingua inglese mescolate all’italiano. Questa opera, che “romanzo propriamente non è”, scrive lo stesso autore, vede come protagonisti Johnny e le sue esperienze tra le fila dei partigiani. Inizialmente si unisce alle Brigate Garibaldi comuniste, sotto il comando del Biondo, in seguito combatte con i Badogliani antifascisti, a fianco di Pierre ed Ettore. Sotto il comando di Nord, “bello quale mai misura di bellezza aveva gratificato la virilità e così maschio come mai la bellezza aveva tollerato d’esser così maschia”, Johnny partecipa sia alla presa della città di Alba sia alla sua successiva perdita causata dall’attacco fascista, che costringe i Badogliani a ritirarsi sulle colline. Dal punto di vista dei contenuti, Fenoglio ci presenta una testimonianza accurata della vita nella Resistenza poiché propone personaggi realistici con qualità e difetti che illustrano la loro complessità (a tutto tondo). Il tempo è scandito da episodi e riferimenti concreti, il passare delle ore e delle stagioni, l’arrivo della neve che aiuta i partigiani a nascondersi agli occhi attenti delle spie fasciste e la pioggia torrenziale che invece infanga i terreni e intralcia la ritirata.


Dal punto di vista stilistico, il mix di inglese e italiano rende particolarmente interessante questo libro.

• “Nell’ombra del copertone rilucevano truci i tubi degli Strokes, fra grim, set-in pride faces

degli uomini della I.”

• “– Idiot and pig! – urlò e riseppellì la faccia nel fango.”

• “– [...] They’re going to give us a damned bad time. – Che cosa? – Ci faranno stare

maledettamente male.”


Questi sono solo alcuni esempi dei vari inglesismi presenti nel testo. Ciò ha reso la lettura particolarmente vivace e coinvolgente e credo che tale caratteristica possa essere apprezzata anche dagli altri miei coetanei visto il frequente uso di slang inglese nelle nostre conversazioni attuali. Colpisce come Fenoglio, pur avendo scritto a metà del secolo scorso, abbia inconsapevolmente anticipato la lingua dei giovani d’oggi.


Tazzioli Elisabetta Rachele 3°A LSI

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