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L’autismo oggi

Il 2 Aprile è stata la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo. Secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico, si è visto che un bambino su 150 è affetto dal disturbo dell’autismo che solitamente è più frequente nei maschi (rapporto 1: 3/4); nel caso si presenti nelle bambine esso è tendenzialmente più grave. In Italia, invece, 1 bambino su 77 presenta un problema di questo tipo. Questo disturbo risulta avere delle cause ancora sconosciute perché multifattoriale e complesso. Alcuni studi scientifici sostengono che tra le cause più diffuse vi sono fattori genetici e ambientali. Sono stati infatti identificati una serie di geni e di alterazioni genetiche associate a questa condizione. Ancora oggi la sua diagnosi, in alcuni casi, risulta difficile da dimostrare. Quando si introduce l’argomento dell’autismo, più che parlare di un unico disturbo, bisognerebbe parlare al plurale di autismi; questo perché non è uniforme e con caratteristiche comuni, ma c’è una grande variabilità. Esso viene definito come un disturbo pervasivo o generalizzato perché non colpisce solo un’area ma riguarda l’individuo nella globalità del suo funzionamento.


Le tre aree deficitarie più colpite sono quelle della sfera relazionale o sociale, l’area della comunicazione e quella comportamentale (piuttosto che quella cognitiva). I sintomi tipici della prima sfera (AREA RELAZIONALE) fanno sembrare che i soggetti autistici non siano interessati alla relazione e la rifiutino. Essi invece, come ogni essere umano, ne hanno bisogno ma non sanno come agire in quanto fanno difficoltà a capire come funzionano le persone e le regole sociali. Proprio per questo motivo in loro manca la reciprocità sociale, l’empatia, l’aggancio oculare e la mimica facciale. Un’altra difficoltà osservabile nei soggetti autistici è quella di non riuscire a modulare il tono e la coloritura della voce. Le difficoltà nel l’AREA DELLA COMUNICAZIONE si esplicano attraverso cinque anomalie tipiche: - l’ecolalia, ovvero la tendenza del soggetto ad imitare in modo pedissequo frasi captate dall’ambiente imitando fedelmente il tono della voce e la qualità sonora; - l’inversione pronominale, che si esplica nella difficoltà ad utilizzare il pronome “io” che viene sostituito con altri pronomi o con il nome proprio; - l’interpretazione letterale, cioè la difficoltà nell’andare oltre i significati letterari, cogliendo i contenuti impliciti e allegorici della comunicazione; -l’assenza di prosodia, simile al sintomo dell’area della relazione, per cui i soggetti non modulano la loro voce che risulta essere piatta e meccanica. In fine ci sono le anomalie dell’AREA DEL COMPORTAMENTO, per cui i soggetti ricevono delle stimolazioni sensoriali molto più intense rispetto al modo in cui la popolazione le percepisce solitamente (percezioni abnormi). Il caso contrario, sono le percezioni sottosoglia, ovvero delle sensazioni intense che essi non sentono come tali. In alcuni casi queste sono anche autostimolatorie. Sono inoltre tipici i problemi di propriocezione legati alla difficoltà di localizzare tutte le parti del proprio schema corporeo, in particolare i piedi che non vengono sentiti come propri. Il sintomo più comune e conosciuto infine sono le stereotipie, ovvero delle attività afinalistiche compiute senza alcun apparente motivo, come lo sfarfallare delle mani, il dondolio da seduti e il camminare in punta di piedi. I soggetti mettono in atto le stereotipie come tecnica di comunicazione, come rinforzo sociale oppure con la finalità di autopercepirsi. Negli anni per favorire l’integrazione dei soggetti affetti da autismo sono stati realizzati diversi piani per l’inserimento nelle scuole che prendono il nome di didattica inclusiva. Con questo termine si fa riferimento alle strategie da mettere in atto con tutte le forme di disabilità, per rendere l’apprendimento accessibile a tutti servendosi di metodi differenziati. Le due tecniche dedicate ai soggetti autistici sono la comunicazione facilitata, riservata a coloro che non parlano, che si serve di un computer e di un facilitatore, ovvero colui che accompagna il soggetto sulla tastiera senza dirigerlo. Il secondo è il metodo Teacch che si basa su prompt visivi, fornendo aiuti o supporti visivi, grafici ed iconici che aiutano a svolgere le piccole azioni o i percorsi della quotidianità. Ecco perché per queste persone si parla più spesso di riabilitazione che di psicoterapia, una riabilitazione intesa come sostegno, che riabiliti, appunto, il soggetto a “stare” nel mondo.


Cunta Sofia 4B LSU

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