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Le porte chiuse- Intervista a Lucio Costantini

Le porte chiuse- Intervista a Lucio Costantini

La pandemia, da nemico subdolo a risorsa.

Lucio G. Costantini, psicologo-psicoterapeuta libero professionista, ha dedicato parecchi anni al servizio sanitario nazionale come dirigente, occupandosi in particolare di famiglie, coppie, adolescenti. Ha insegnato psicologia alla facoltà di medicina dell'università degli studi di Udine, città dove vive. Ama scrivere racconti, alcuni dei quali ha raccolto in volume. Collabora a periodici pedagogici e culturali, senza trascurare il piacere che gli viene dal conversare in pubblico. Presiede l'Associazione Friulana Emilio Salgàri, l'unica in Italia dedicata al romanziere creatore di personaggi quali Sandokan, Yanez e il Corsaro Nero.

La progressiva diffusione del virus ha mutato in modo imprevedibile il nostro stile di vita, è così?

Lucio G. Costantini - Sì. Silenzioso, subdolo, terribile, il morbo, immonda bestia strisciante e invisibile, si è infiltrato tra noi, scardinando le nostre abitudini consolidate e facendoci sperimentare pensieri, sensazioni, ed emozioni del tutto sconosciute. Non eravamo preparati. Nessuno ci aveva preparati. Credevamo che la vita potesse procedere con i suoi ritmi, i suoi riti ripetuti, consolidati: gli incontri serali con gli amici, l'attività sportiva, la partecipazione a qualche evento musicale, la frequentazione della scuola, lo studio a casa... Non è stato così.


Che cosa ha comportato l'ordine di ridurre, se non di evitare i contatti interpersonali?

L’ordine di evitare i contatti, ha richiesto senso di responsabilità nel rispettare le regole imposteci. Mutare nel giro di pochissimo tempo, forzati da altri, consolidate abitudini di vita è molto difficile, ma può darci l’opportunità di rendere virtuoso questo tempo scandito drammaticamente da attesa angosciosa, incertezza sul futuro, timore di un possibile contagio.

Sembra di capire, da quello che dice, che i comportamenti virtuosi possano scaturire da momenti di forte difficoltà...

Partiamo da un presupposto: una delle cose certe della nostra esistenza è il cambiamento. Non accettare questo assunto significa intraprendere una lotta deleteria contro sé stessi. Oggi siamo chiamati a sperimentare il cambiamento, e il pensiero va a ciò che, soprattutto per i più giovani, è inimmaginabile: alle sofferenze di chi ci ha preceduti attraversando il secolo passato, tra dittature, guerre, lutti, fame, macerie, uscendone con profonde ferite nell’animo, ma con una gran voglia di rimboccarsi le maniche e di ridare senso pieno, rigenerante, alla vita.

Cosa può accadere quando si è confinati in spazi angusti per lungo tempo?

Lo spazio nel quale siamo confinati è poco, la distanza tra di noi ridotta, i conflitti pronti a esplodere per cose da niente, la noia e la depressione in agguato, la speranza che può farsi flebile.

E’ però il momento di lottare con determinazione e coraggio e di rendere produttivo, in modo attivo, questo tempo, anche per far sì che non si dipani troppo lentamente, logorandoci.

Che cosa potremmo fare per incrementare il coraggio e la determinazione di fronte a una prova così difficile?

Riprendiamoci frammenti di noi che abbiamo perso per strada o ai quali non abbiamo dato la giusta importanza. Interroghiamoci sulle nostre attitudini, riversiamole nei nostri interessi, quelli che non sempre siamo in grado di coltivare. Leggiamo, teniamo un diario, ascoltiamo musica lieve, giochiamo. Preferiamo le telefonate ai messaggini: non trascuriamo il potere della voce come legante tra le persone. Nel chiuso delle nostre case vivremo ancora per giorni gomito a gomito: un’eccellente opportunità per conoscerci per davvero, togliendoci dal volto quelle maschere che, senza rendercene conto, indossiamo anche di fronte alle persone che diciamo di amare.

Dialogare a volto scoperto non è facile...

Il dialogo, quello vero, non necessita di parole, quanto di sguardi, di attese, di silenzi, di ascolto profondo, rispettoso, partecipato; anche di fisicità: abbracci, carezze che sono così difficili da fare, ma che con la loro levità generano profonda armonia interiore.

Cosa pensa che avverrà quando l'emergenza dettata dalla diffusione della pandemia cesserà?

Cosa accadrà quando usciremo “a riveder le stelle? Difficile dirlo. Se vogliamo che niente sia più come prima dovremo rivedere il nostro stile di vita dove l’Io, dimentico degli altri, si ergeva a parametro delle nostre esistenze. Interrogarci sulla nostra fragilità, sul senso di una società troppo opulenta moltiplicatrice di bisogni falsi, illusori, sui nostri vuoti spirituali. L’umanità necessita di un uomo nuovo. Non possiamo sottrarci alla sfida!



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