MAMBA OUT
"The most important thing is to try and inspire people so that they can be great in whatever they want to do"
“La cosa più importante è cercare di ispirare le persone in modo che possano diventare grandi in ciò che vogliono fare”.
Il 26 gennaio del 2020, il mondo dello sport ha perso una delle più grandi icone di tutti i tempi.
Kobe Bryant insieme a sua figlia di 13 anni, Gianna Maria-Onore Bryant, e altre sette persone, si stanno recando al palazzetto sportivo per gli allenamenti quando improvvisamente il conducente perde il controllo del mezzo precipitando fra le colline di Calabasas, California, togliendo la vita a tutte le persone a bordo.
Da quel giorno, per milioni di persone, tutto è sembrato più distante e diverso, quasi come se una bolla li separasse dal resto del mondo.
Questo fatto, per quanto triste, testimonia quanto forte fosse la figura di Kobe non solo nella realtà ma anche nel nostro immaginario. Semplicemente guardandolo da dietro uno schermo a migliaia di chilometri di distanza, Kobe è stato capace di farci innamorare di lui, della pallacanestro e di una mentalità completamente incentrata sul duro lavoro e sul raggiungimento della vittoria. Ad ogni allenamento era sempre il primo ad arrivare alle 5 di mattina e l’ultimo ad uscire. Anche da infortunato si presentò in palestra in pigiama e col gesso facendo smuovere di casa anche il suo coach. Ad ogni partita Kobe andava in palestra 2 ore prima e tirava almeno per 50 minuti dalla stessa posizione. Questa sua maniacalità, questa sua ossessione nel raggiungere la perfezione in ogni suo singolo movimento lo ha portato ad essere il migliore. Per questo, il suo modo di vivere e di pensare hanno preso il nome di “Mamba Mentality”.
Sul campo Kobe era uno dei migliori.
Entrato nell’NBA a 18 anni, ha vinto 5 titoli NBA, è stato nominato MVP nel 2008, due volte MVP delle finali e in fine è tutt’ora al terzo posto come giocatore con il numero più alto di punti segnati in una partita, 81.
Nel 2016, data del suo ritiro, ha mostrato al mondo che non era solo un giocatore di basket vincendo un Oscar e un Emmy per un film animato sul suo amore per la pallacanestro chiamato “Dear Basketball” e tentando di essere il miglior padre possibile per le sue 4 figlie. Si dimostrò inoltre un grandissimo uomo d’affari, comprando una quota di minoranza dell’azienda americana “Coca Cola”. Ad oggi la sua quota vale più di 200 milioni di dollari.
Una cosa che forse in molti non sanno, è che Kobe parlava perfettamente l’italiano. Infatti ha passato 7 anni in Italia seguendo suo padre, anche lui un cestista. Ed è proprio qui che Kobe ha imparato i fondamentali della pallacanestro. In un’intervista del 2016 Kobe ha parlato del suo rapporto con l’Italia e che avrebbe voluto aiutare il basket italiano aprendo una scuola che mettesse i ragazzi in condizione di poter coltivare la passione per questo sport, ma anche di poter studiare cose come la scrittura, di cui lui era appassionato, e il marketing. Kobe affermava che la sua infanzia passata in Italia è stata fondamentale per la sua vita. Soprattutto per quanto riguarda i legami con le persone e i rapporti umani.
Kobe però non era perfetto.
Nel 2001 Kobe sposò la donna che lo avrebbe accompagnato per il resto della sua vita. Però non le rimase esattamente fedele, almeno inizialmente. Infatti Kobe tradì molte volte sua moglie negli anni, fino ad arrivare nel 2003 quando venne accusato di stupro. Dal quel momento le cose per Kobe sembravano essere sull’orlo del baratro, gli sponsor cominciavano ad abbandonarlo ma soprattutto sua moglie era intenzionata a chiedere il divorzio. Addirittura Vanessa, sua moglie, perse il bambino che stava aspettando a causa dello stress. Kobe fortunatamente era cattolico. Ormai disperato e rassegnato, decise di confidarsi con un prete. Questo incontro, dirà Kobe più volte, è stato provvidenziale. Infatti dopo essersi scusato pubblicamente, le cose sembrano tornare alla normalità. Gli sponsor lo richiamano, l’accusa di stupro viene ritirata e il suo rapporto con Vanessa torna alla normalità. Dopo questo evento poi i due avranno 4 figlie.
Kobe ha dimostrato che un ragazzo, grazie al duro lavoro, può arrivare dove la maggior parte delle persone può solo sognare.
Le reazioni che questa tragedia ha provocato, hanno dimostrato che le grandi persone come lui non si misurano da ciò che ricevono, ma da ciò che lasciano.
Per usare le parole di Kobe “MAMBA OUT”, ma per usare le nostre “RIPOSA IN PACE LEGGENDA”.
Vittorio Cardin, V^D
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