Cinque lunghi anni, che poi forse tanto lunghi non sono...
Un addio ma anche un augurio
Questo è l'articolo che non avrei voluto scrivere. Non tanto perché è fin troppo facile cadere in discorsi stucchevoli e scontati; ma perché ho passato ben cinque anni della mia vita pregando che questo momento non arrivasse mai. Ecco, lo sapevo, sto diventando stucchevole e scontato. Però vedete, noi di quinta abbiamo finora trascorso la fine di ogni anno scolastico in una specie di stato contemplativo: ogni anno, alla fine del mese di maggio, i carichi di lavoro si attenuavano (tranne che per coloro che dovevano recuperare qualche insufficienza), l'ansia svaniva, lo spazio e le energie che durante il pentamestre erano riservate agli aoristi o al Canto V della "Divina Commedia" cominciavano ad essere impiegati per risolvere questioni più pressanti: quale vestito indossare al ballo, come organizzare la grigliata di fine anno, o chi fra Perù e Islanda avesse più possibilità di superare la fase a gironi dei mondiali. Soltanto verso la metà di giugno, quando l'anno scolastico era ormai terminato da un paio di settimane, i notiziari ci spingevano ad avere un moto di empatia verso i nostri colleghi più anziani, annunciando gli argomenti con i quali costoro avrebbero dovuto confrontarsi durante gli esami di maturità. Ci soffermavamo su questa tematica per un paio di giorni, sollecitati a fare ciò più che altro dai nostri genitori, i quali, ogni volta che la menzionavano lo facevano con gli occhi ed il tono di voce intrisi di una qualche aura di rimprovero; qualcosa che suonava come un: "Guarda che prima o poi toccherà a te, dovresti studiare di più". Noi ci limitavamo ad annuire, desiderosi soltanto di riuscire a far durare la predica per il minor tempo possibile; certo, un giorno sarebbe toccato a noi, ma quel giorno era ben lontano dall'arrivare. Ecco, forse questo è stato il nostro grande errore. In realtà abbiamo pensato che quel giorno non sarebbe mai arrivato. Generazione dopo generazione, classe dopo classe, ci siamo limitati ad osservare i più grandi, concedendo loro talvolta il dono di qualche frase di circostanza come "In bocca al lupo".
Nel frattempo il tempo passava. E passavano anche le risate, le lacrime, le gite, i diciottesimi e le ricreazioni. Il nostro percorso si conclude qui, ma prima di andarcene vogliamo fare a tutti voi un ultimo dono. Si tratta della consapevolezza e, per essere precisi, la consapevolezza che ogni singolo istante del proprio percorso vada vissuto, assaporato, goduto; sappiate che se oggi vi ritrovate a sbuffare per una verifica o a contare i giorni che vi separano dall'uscita da questa "prigione", quando toccherà a voi rimpiangerete anche il più difficile dei momenti, il più antipatico dei compagni, il più infame dei professori. Perché sì, un giorno anche a voi toccherà mettere da parte i progetti per le ferie e riprendere in mano il programma di quinta. E noi, oltre a salutarvi e ringraziarvi per aver fatto parte della nostra grande famiglia, vorremmo che voi, arrivati a quel punto, possiate venire sopraffatti dalla stessa malinconia e dalla voglia che cinque lunghi anni, che poi forse tanto lunghi non sono, possano durare per sempre.
Andrea Riva, V^B
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