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Notte prima degli esami

Notte prima degli esami

La nuova direttrice si presenta


Ogni anno era per me un rituale, uscire verso le sei di sera negli ultimi giorni di scuola, per poter godere del più bello spettacolo esistente. Passavo in macchina per le strade di Udine e mi chiedevo se sarei mai stata bella come loro. Il loro fascino stava nella rigidità con cui mostravano tutta la loro emozione, una rigidità data dal voler catturare ogni momento di quella serata. Le ragazze si atteggiavano come grandi dame alla corte di chissà quale re. I ragazzi si guardavano mentre diventavano uomini e si accorgevano che le loro dame erano delle bellissime donne in abito da sera. Passavo, mentre ero seduta in macchina, e abbassavo il finestrino come se volessi che quell’aria che si era creata, mi inebriasse d’un colpo.

Parlavano per stemperare la tensione ma le loro chiacchiere erano per lo più rievocazioni di quando un tempo, erano stati ragazzini, a giocare con il concetto di “maturità”, a parlare di quanti anni mancavano a quel fatidico giorno e di come questo era arrivato, prima che loro se ne potessero rendere conto. Li invidiavo un po’, lo ammetto. Quello era l’unico momento di cui potevo essere partecipe a modo mio perché poi la loro camminata si avviava verso sfarzosi tavoli, balli, grandi stanze dove poter cantare e condividere i ricordi di quei cinque anni.

Quando si parla di maturità, si parla di notti memorabili. Immaginavo la loro faccia corrucciata, in quella notte prima degli esami; gli occhi persi in una miriade di informazioni, gli stessi occhi che avevo visto puntare un obiettivo ben preciso, una serata di pochi giorni prima.

La sensazione di non aver studiato abbastanza per raggiungere le aspettative, tutta incertezza, l’unica sicurezza che avevano era che tutto si sarebbe realizzato nell’arco di poche ore.

Quei ragazzi avrebbero voluto essere su un palcoscenico, a cantare con spensieratezza, invece si erano ritrovati su un palcoscenico dove bisognava fare sul serio: la vita, quella delle responsabilità. E per quanto Pirandello ci avesse azzeccato, loro continuavano a ripensare e ripensare, un po’ per la stanchezza, un po’ per l’ansia.

Quel palcoscenico dove si sarebbero ritrovati alla fine degli esami, adesso è chiuso. I ragazzi che in questo periodo dell’anno dovrebbero trovarsi insieme, per poter cantare ancora una volta, in memoria della fine del loro percorso, non possono farlo. Quei ragazzi che avrebbero dovuto sfilare per le strade di Udine, rimembrano le esperienze degli altri, per poter sognare come sarebbero state quelle serate. Non li vedrò sfilare quest’anno e non potrò essere partecipe della loro felicità perché uno schermo formato da pixel sarà il portale da cui quest’atmosfera si potrà immaginare. La mancanza dei compagni li ha resi forse vulnerabili, fragili, e li ha lasciati nella consapevolezza che quella sarebbe stata l’ultima occasione per poter stare insieme. Questa consapevolezza li ha cambiati, in uno scenario pieno di incertezze.


"Maturità, t’avessi presa prima "


Siamo tutti lontani nelle nostre stanze, tanto che sarà difficile sentire il rimbombo dell’ultima campanella scoccare per i corridoi della scuola.

Una ragazzina di prima, forse non è la persona più adatta per dirvi queste cose, ma la realtà è questa e non possiamo cambiarla, dobbiamo accettarla così com’è. Non cercate di trovare lati positivi o negativi, fate riaffiorare i ricordi di tutti i momenti passati insieme e apprezzate le cose che avete sempre dato per scontato.

Promettetemi che un giorno, passando per le strade di Udine, con il finestrino aperto, riuscirò a sentire nuovamente quell'ebbrezza che mi è tanto mancata.

Vittoria Bortolussi, I^C

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